I Vegani e i vegetariani in Italia sono più dell’8% della popolazione. Nonostante questi dati inesorabilmente in crescita, sembra che per la ristorazione “classica”, più che opportunità di business, sia solamente una seccatura. Abbiamo voluto saperne di più… intervistando i diretti interessati.
Da qualche anno a questa parte, moltissimi locali – tra quelli di nuova apertura – hanno scelto di accogliere vegani e vegetariani, proponendo loro piatti in linea con le esigenze di questa filosofia di vita e di nutrizione. Ma il mondo veg dai ristoratori vogliono di più: un cambiamento di mentalità, una maggiore attenzione al gusto e una più approfondita informazione da parte di tutta la ristorazione su cosa significhi essere vegano o vegetariano.
Non solo vegani o vegetariani: c’è un pubblico in crescita anche tra chi dà valore all’aspetto salutistico
Come viene spiegato bene nell’articolo di Caterina Maconi nel sito di Repubblica, quello del mondo veg è un fenomeno in crescita a livello globale perché sono sempre di più i consumatori che hanno intrapreso non solo stili di vita vegetariani e vegani, ma anche di stampo salutistico, etico e qualitativo.
Secondo un sondaggio internazionale, gli studenti italiani sono sempre più consapevoli di quello che fa bene e di quello che invece danneggia la salute. Ammettono di preferire uno stile alimentare più salutista: addirittura l’87% dei giovani sottolinea l’importanza di alimentarsi in maniera sana. Il 61% mangia cibo sano ma senza farne un’imposizione, mentre per il 26% è un aspetto fondamentale della propria vita.
La polemica scoppiata sul web: ristoratori dateci da mangiare (cose buone)!
In un post su Facebook di circa un mese fa, Sabrina Peroni, master in alimentazione e dietetica vegetariana e amministratrice del veg-blog Verde di Bontà, era stata portavoce di un malcontento sicuramente fondato: la ristorazione classica, sta facendo ben poco per conquistare quell’8% di persone appartenenti al mondo veg. Il post, volutamente scritto con leggero tono polemico (ma commentato in modo educato da diverse persone aventi punti di vista differenti), non era altro che un grido d’aiuto alla ristorazione attuale: non dateci da mangiare solo insalate. “Noi mangiamo un’enormità e una gran varietà di piatti […] Il concetto di base è che proporre ricette a base vegetale è davvero semplice (mi vengono in mente soprattutto tante ricette della tradizione del Sud Italia, per esempio) ma per farlo ci vuole buona volontà e chef ben disposti”. Questo, in sostanza, era il succo del discorso.
Ma se è vero che la crescita dei prodotti vegani e vegetariani pare inarrestabile, perché tutta la ristorazione non si adegua? Per capire meglio quali sono i motivi per cui molti ristoratori non si adeguano a questa esigenza, abbiamo deciso di fare un semplice sondaggio: una breve intervista ad un campione di circa 30 chef di altrettanti ristoranti sparsi nelle varie regioni d’Italia, ci ha restituito risposte interessanti e spiegato i diversi “perché no”.
I ristoratori intervistati dalla redazione di Oraviaggiando sono divisi più che mai sull’argomento
Tra gli chef e i ristoratori intervistati che hanno deciso di non inserire nuove creazioni pensate per il mondo veg, sono emerse alcune problematiche, più o meno fondate, che possono servire ad aprire un dibattito costruttivo sul quale siamo pronti a dare il nostro contributo. Più del 40% degli intervistati ha ammesso di temere la clientela che sostiene lo stile etico/alimentare dei vegetariani e soprattutto dei vegani: spesso sul piede di guerra, sempre pronti a polemizzare, per quasi la metà degli intervistati è questo il vero problema. Questi rinunciano al mondo veg perché temono recensioni negative, perché si vuole evitare di dover far fronte a richieste impossibili e perché, dicono, sono i clienti più esigenti e spesso incontentabili. Circa il 20% degli intervistati pone il problema di tipo organizzativo: inserire nuovi piatti veg in aggiunta ad un menù consolidato, per alcuni chef significa modificare la linea di lavoro, cambiare e ristampare il menù, pubblicizzare la novità e istruire i camerieri. Circa il 18% degli intervistati si dice pronto al cambiamento solo se supportato da corsi di cucina, mentre il restante 22% ha espresso dubbi per via di una identità acquisita che non si vuole modificare: insomma, una griglieria è una griglieria, punto.