Gastrophysics: gastronomia, psicofisica e manipolazione della percezione sensoriale del cibo
Stiamo mangiando davvero ciò che crediamo di mangiare? Vista, olfatto, tatto e udito sono “sensi” davvero irrilevanti rispetto al gusto o, addirittura, possono influenzarlo a talpunto da modificare completamente la nostra percezione sensoriale? Ci hanno provato in tanti a dare risposte più o meno credibili. Interessantissima è stata la lettura del libro Gastrophysics scritto dal professor Charles Spence – direttore del Crossmodal Research Laboratory alla Oxford University.
Gastrophysics è una dissertazione sulla psicofisica e sulla percezione sensoriale del cibo, un viaggio sulla comprensione di tutto ciò che riguarda l’azione del “mangiare”, tra stimoli fisici e fenomeni mentali, un “trattato” che potrebbe cambiare definitivamente l’approccio che tutti noi abbiamo regolarmente con il cibo.
Gastrofisica, ovvero la scienza che studia i rapporti tra cibo e percezione del gusto, lo studio del “tutto il resto”, del “pranzo fuori dal piatto” come la definisce lo stesso Spence. Gastrophysics è un libro interessantissimo perché offre al lettore una maggiore comprensione delle percezioni e delle associazioni che costruiscono il gusto senza, però, limitarsi su questo argomento. Gastrophysics può aiutare a capire il rapporto che abbiamo con il cibo e le scelte alimentari che facciamo giorno per giorno.
Molti grandi chef stanno già lavorando con neuroscienziati per capire questi concetti al fine di sviluppare esperienze gastronomiche sempre più appaganti. Questi chef stanno adottando un approccio più olistico con il cibo: luci, musica, posate, servizio e colore del cibo; ogni dettaglio relativo all’esperienza culinaria è un viaggio meticolosamente studiato. L’obiettivo è quello di stimolare i sensi e misusare l’impatto che il pasto ha sul coinvolgimento emotivo dei commensali.
Gastrophysics: quando crediamo di percepire un gusto, in quel momento ci manca “la metà della storia”.
Mangiare è considerato una tra le esperienze “più sensoriali” di tutte le attività a cui l’uomo partecipa. Quando mangiamo attingiamo a tutti i nostri sensi: vista, olfatto, tatto, gusto e il udito. Sulla base dei segnali sensoriali che ci arrivano siamo in grado di creare nella mente delle aspettative. Ad esempio: se in un piatto ricostruiamo una porzione di cibo a forma allungata di colore giallo che profuma di acetato di isoamile (un composto aromatico principale nel settore della banana) – immediatamente potremmo identificare quel cibo come una banana. continuando con l’esperimento, prima di passare all’assaggio potremmo determire, sempre in termini di aspettative, il grado di maturazione: se l’esterno ha forti toni verdi ci si aspetterebbe che fosse acerba; una buccia gialla con un paio di macchie marroni indicherebbe che è maturo; se è totalmente marrone potremmo supporre che sia ad uno stadio estremo di maturazione. I riferimenti cromatici, da soli, possono ingannare le aspettative. Per quanto riguarda il senso dell’udito, il professor Spence prende, nel suo libro, ad esempio le patatine. Le patatine sono un ottimo esempio per evidenziare quanta importanza diamo al “suono” e quanto questo incida sui giudizi sulla qualità e la desiderabilità di quel cibo.
In questo esperimento, che gli è valso l’ambitissimo premio Ig-Nobel nel 2008, il professor Spence ha scoperto che il suono prodotto dalla masticazione delle patatine fritte poteva fare la differenza del 15% nella percezione di freschezza delle chips.
Una ricerca attualmente in corso suggerirebbe che la “texture” ruvida di una posata aumenterebbe la percezione di salinità in un piatto. Questo può significare che semplicemente mangiare con un cucchiaio leggermente ruvido ci permetterebbe di ridurre il sale nella nostra dieta senza veramente sentire la sua assenza.
Insomma, in Gastrophysics, il professor Spence sostiene che quando crediamo di percepire un gusto, in quel momento ci manca “la metà della storia”. Il cibo ha un certo tipo di musica, sia che siamo sintonizzati in esso o no. Molti chef stellati che conosco, da tempo, influenzano il pasto ben conoscendo queste dinamiche. Ma se, ad un certo punto, tutto il mondo si rendesse consapevole che la percezione della qualità di un certo piatto è ben altra cosa rispetto alla qualità intrinseca?
Il libro Gastrophysics su Amazon
Giovanni Mastropasqua