Valentina Rizzo e La Farmacia Dei Sani di Ruffano

Valentina Rizzo e La Farmacia Dei Sani di Ruffano

Quello che avete sotto gli occhi è il secondo episodio della mia serie di interviste-pop alle Donne super-toste & super-cool della Ristorazione. Perché loro? Perché sono l’esempio vivente di tenacia, coraggio, ottimismo e passione. Così, dopo la chiacchierata con Solaika Marrocco, oggi tocca ad un’altra salentina col fuoco nelle vene: signore e signori, a voi Valentina Rizzo.

Ciao Vale, benvenuta su Oraviaggiando. In che maniera ti definiresti? Quale aforisma sembra fatto appositamente per te?

Sono un’eterna insoddisfatta, sto in un posto ma vorrei essere in un altro, faccio una cosa ma forse vorrei farne un’altra. Questo mi porta ad essere molto autocritica e l’ansia che ho nel fare le cose, fortunatamente, mi costringe a fare sempre meglio. Amo la musica, la notte, le giornate di sole, le feste, i valori e le persone trasparenti e ovviamente amo cucinare. Sono auto ironica e abbastanza cinica. Non ho un aforisma che mi descriva, ho solo frasi, anche un po’ stupide, che descrivono al meglio il mio modo di vedere le cose tipo: “Anche sul trono più elevato del mondo, si è pur sempre seduti sul proprio sedere”

(Michel de Montaigne).

Narraci i tuoi inizi.

I miei primi passi in una cucina professionale sono stati… dei passi forzati.

La mia famiglia decise di aprire un’osteria, io avevo 15 anni e studiavo ragioneria, quindi mi sono ritrovata catapultata in un progetto di vita che non era ancora il mio. La cucina dell’osteria presto diventò come la cucina di casa. Mamma Ada faceva quello che ha sempre fatto solo un po’ più in grande… e io ne sono stata travolta fino a che ho preso il comando di tutto.

Perché hai scelto di sposare la causa della cucina? Cosa apprezzi di questa Mission?

La mia casa era sempre piena zeppa di cibo e di gente che passava per un caffè e poi si fermava a cena. Il cibo è un linguaggio che si rivolge alle sensazioni lasciando da parte la razionalità. La tavola è la più sincera forma di amore e riempirla è un atto di gentilezza verso le persone che ami. Ho sposato la causa della cucina perché c’è bisogno di gentilezza e di sacrificio nel fare un piatto, c’è bisogno di costanza nel rifarlo centinaia di volte e c’è bisogno di altruismo dato che, quando cuciniamo, pensiamo sempre agli altri, che siano clienti o persone a noi vicine.

Il super potere di un cuoco (se c’è)

La costanza, un cuoco senza costanza non è un cuoco.

Sull’emergenza delle risorse umane che idea ti sei fatta? Le colpe di chi sono?

Penso che oggi pochi siano in grado di fare dei sacrifici o di sacrificare parte del loro tempo passandolo tra quattro mura, subendo lo stress dei servizi più movimentati e i danni fisici che in cucina possono capitare. I social e la tv sono stati e continuano ad essere croce e delizia per il mondo della cucina. Da un lato hanno avvicinato molte persone a questo mondo, innalzando la figura del cuoco, ma dall’altro… quando c’è da sporcarsi davvero le mani, scappano tutti, perché magari dall’altro lato della TV sembrava tutto più facile. C’è la smania di arrivare, di passare sopra tutto e tutti, di saltare passaggi fondamentali, perdendo così tutto quello che di buono e bello può offrire questo lavoro

Quanto ti senti figlia del Salento? Ruffano cosa significa per te?

Ruffano, per me, fino a qualche anno fa, era un posto da cui scappare. Ho sempre desiderato andarmene, sognavo le grandi città, sognavo di viaggiare.

Però, destino vuole che io da qui non mi sia mai mossa, quindi con il tempo ho imparato ad amare questo posto. Il Salento è quel luogo che ti fa prendere buone decisioni dopo una passeggiata al mare. Abbiamo molta strada da fare ma i presupposti sono buoni.

Adesso voglio un film, una serie-tv, una canzone ed un libro che sono cuciti su misura per te.

Il film che sembra fatto per me è American-Beauty, il monologo finale è il riassunto della leggerezza della vita che noi continuiamo ad appesantire con cose futili, pensando che siano necessarie. La serie tv, quella che mi ha convinto a fare l’abbonamento a Netflix, è Chef’s Table. Chef’s Table parla di persone che ce l’hanno fatta nonostante tutto, parla di coraggio e di perseveranza ed è proprio quello di cui abbiamo bisogno. La canzone invece è “A new Error” dei Moderat. È stata la canzone che mi ha fatto avvicinare al mondo della musica elettronica. Non ha testo ma la musica da sé basta per comunicare tutto. Senza fronzoli va dritta al punto, ti colpisce e ti obbliga a muoverti… e poi i nuovi errori sono sempre degli ottimi punti di partenza per migliorarsi!

Il piatto che ormai ti identifica?

Mi identifica un piatto che paradossalmente ho in carta da poco tempo: “Maiale, Baccalà e foglie di cappero”. Si tratta di una pancetta marinata, cotta a bassa temperatura e poi caramellata con il suo ristretto, accompagnata da una tartare di baccalà affumicato accarezzata solo leggermente dal calore. Il tutto viene completato con una spuma al baccalà e con foglioline di cappero che conferiscono una nota di acidità utile per sgrassare il palato.

L’importanza della tua famiglia all’interno del ristorante.

Il mio ristorante è la mia famiglia. La rappresenta in tutto e per tutto. Tutti noi lavoriamo per portare avanti questa realtà nonostante le nostre diversità, e forse sono proprio queste diversità che ci hanno fatto raggiungere dei traguardi. Il ristorante è Mamma, il ristorante è Papà. Hanno voluto fortemente darci un posto dove poter stare insieme, dove fare qualcosa di bello, una base per costruire un futuro solido.

La vostra idea di Ristorazione.

La nostra idea è di una ristorazione libera, una ristorazione che rispetti tutto quello che le gira intorno, partendo dai fornitori arrivando ai clienti.

Una ristorazione che lancia dei messaggi, che non sia frivola ma piena di contenuti, che non scenda a patti con le chiacchiere ma che rispetti i sapori.

Sogno una ristorazione che ogni giorno scriva qualcosa utile per il futuro, senza fretta ma senza sosta.

Ragazze terribili di Puglia, avanti tutta! Cosa sta succedendo alla categoria dei cuochi? Soprattutto qui in Salento sembra diventare sempre più ‘’rosa’’.

Nessuna trasformazione del settore, anche se pian pianino stiamo “sbaraccando la concorrenza”, il traguardo è lontano.

Penso solamente che le persone valide debbano andare avanti, che siano uomini o donne. Canteremo vittoria nel momento in cui un cliente, assaggiando un piatto, non si chiederà più il sesso del suo artefice, perché idee e passione non hanno sesso.

Noi donne abbiamo una “forza tranquilla” dentro di noi che si sta finalmente facendo sentire.

Sul “potere ai giovani”, invece, che mi dici?

Noi giovani non saremmo niente senza un passato, senza le colonne portanti che hanno scritto e continuano a scrivere la storia della cucina mondiale. Ma abbiamo bisogno di spazio, di tempo e di fiducia. La tradizione non deve tagliare le gambe all’innovazione. E l’innovazione non deve cancellare la tradizione, anche perché le innovazioni di oggi diventeranno le tradizioni di domani. Questo il mondo l’ha capito e finalmente ci sta lasciando fare.

Ora voglio i nomi. I nomi di 3 donne, 3 cuoche che sono state e sono il tuo esempio costante.

Al primo posto non posso non mettere mia madre, la donna a cui devo tutto quello che so e tutto quello che ho. Ogni mia azione, ogni mia conquista è per onorare il suo sogno. A lei va il mio immenso rispetto.

Ammiro molto Antonia Klugmann, una donna che ha anche rinunciato alle luci della ribalta per ritornare al suo ristorante e al suo orto. Trasmette passione e trasparenza ed è per me un grande esempio

L’altra donna è Ana Ros la sua storia è simile alla mia: non avrebbe mai pensato di lavorare in una cucina e invece nel 2017 è diventata la donna chef dell’anno per la World’s Top 50 Best. Autodidatta come la sottoscritta, la sua storia fa capire che le basi e le tecniche si imparano studiando, la perseveranza e la voglia di migliorarsi, invece, non te le insegna nessuno.

Quanto conta l’etica nella vita di un uomo? E l’estetica? Ed all’interno di un piatto sono in competizione o tendono a completarsi?

È la lotta continua che c’è dietro ogni mio piatto. Sono una donna ed amo le cose belle, mi piace apparire sempre al meglio ma non rinuncerei mai a qualcosa per evitare di rovinarmi le unghie. Ed è proprio questo che cerco di trasmettere con ogni portata, i piatti devono essere belli, ma la bellezza non deve limitare il sapore dell’ingrediente, non lo deve snaturare. Ogni cosa nel piatto deve avere un senso, non mi piace metterci qualcosa che serva solo ad abbellire.

L’etica è la base sulla quale si poggia l’estetica, non viceversa

Situazione paradossale, da viaggio nel tempo: la piccola Valentina incontra chef Rizzo. Prendendole la mano, cosa ti chiederebbe? E tu cosa le risponderesti?

La piccola Valentina chiederebbe alla me odierna se, alla fine di tutto, quello che sta facendo oggi è veramente quello che vuole fare “da grande” ed io le risponderei: Assolutamente si, non potrei fare altro. È un atto d’amore per la piccola me, per la mia famiglia e per il mio territorio.

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