Castronerie gastronomiche: lerba del vicino dello chef Rubio
Conoscete lo Chef Rubio? Gabriele Rubini, tenebroso, tatuato, telebenedetto dal programma “Unti e Bisunti”? Ecco cosa lui dice della cucina italiana: «In Italia si mangia sempre peggio, all’estero, decisamente meglio, qui si spende troppo per avere in cambio poca qualità. Mi auguro che nei prossimi 5-10 anni l’Italia si rimetta in gioco e che si esca dallo stereotipo del cuoco stufo di stare in piedi e di farsi 14 ore di lavoro. Recentemente sono uscito a cena, a Roma, e sono rimasto davvero deluso dalla bassa qualità del servizio. Oramai neanche le Stelle Michelin sono simbolo di qualità, non è quasi mai meritocrazia ma una mera questione di marketing, perché anche le Stelle, se vuoi, te le compri. Per chi invece lavora con grandi doti e serietà l’unica alternativa oggi sembra essere la fuga all’estero».
Non basta dissentire; perché di questo atteggiamento tafazziano da randellate alle ginocchia ne ho piene le scatole. Perché è un dire, questo, che danneggia chi ha deciso di restare in questo paese e produrre bellezza o anche chi solo tenta coraggiosamente di produrla anche senza riuscirci. Dipende da me, dipende da te, dipende pure da Chef Rubio. I labirinti della nostra burocrazia, gli arzigogoli barocchi, nessuno, in nessun settore di azienda, è stato risparmiato. Fare impresa in Italia è per i coraggiosi, smettiamola di dire che è per i masochisti. Andarsene altrove, un altrove che funziona sempre meglio di casa nostra, e sarà anche vero che ci sono altrove che funzionano meglio, ma dove le collochiamo, geograficamente, queste isole felici di meritocrazia come garanzia di sicuro successo? Vorrei che Chef Rubio mi mostrasse con l’indice sul mio mappamondo in quale luogo il marketing non è strategia di impresa. Per non parlare del danno che fa quando afferma: “Ben vengano nuovi chef che vedono questo lavoro come una vera passione, anche se sconsiglio di frequentare certe scuole solo per sfizio o perché “fa figo” perché nel 90 per cento dei casi gli studenti sono considerati portafogli che camminano”. Perché fa un danno? Perché uno che sostiene la meritocrazia non può non sostenere la formazione.
Questa storia della passione non basta. La passione ha generato, nell’ambito della cucina, una presunzione a prescindere dalla competenza. La spettacolarizzazione di questa professione ha trasformato anche l’ultimo dei bruciapadelle in cuoco geniale, tutti pronti a lasciare il loro commento, tutti in corsa per la recensione gratuitamente fraudolenta, tutti esperti nell’espressione dell’hobby nazionale, la denigrazione. Se l’Italia non vi piace andate pure via, non restate a fare la lagna, a fare Vangelo del come si dovrebbe fare, che c’è gente che lavora, s’impegna, seriamente, e non solo per passione, anche per sacrificio di studio, che lo studio è sacrificio. Portafogli che camminano? L’insegnamento è ancora un valore per molti che considerano i ragazzi una risorsa e non un limone da spremere nell’elenco puntato della lista delle cose da fare. Chef Rubio è andato a cena a Roma ed è rimasto deluso, io, ieri sera, sono andata a cena a Pesaro, allo Scudiero di Daniele Patti e Matteo Ambrosini, e ne sono rimasta entusiasta. Due ragazzi nati alla fine degli anni ’80, che rilevano un palazzo storico della seconda metà del XVI secolo , perché era un peccato-mi dice Daniele-che questo palazzo andasse in disuso, due ragazzi che 14 ore in piedi ci stanno senza lamentarsi, visto che questo posto-come precisa Daniele- gli dà da mangiare. Giovani, appassionati, competenti, concreti nei progetti che riguardano il futuro, poche chiacchiere e tanto esercizio di professione. Perché ci vuole la passione, il talento, e la pratica del mestiere. Se ci sono queste condizioni, allora, le sale dei ristoranti si fanno piene ed arrivano i riconoscimenti e con essi, le gratificazioni. In cucina, ed in tutte le altre stanze della vita. Se a Chef Rubio, gli garban poco gli stereotipi, che decidesse di rinunciare ad uno dei suoi, tipo che l’erba del vicino è sempre la più verde.