di Sandro Romano
con la consulenza storica di Felice Giovine
Se riuscirete a leggere fino in fondo questo articolo non avrete più alcun dubbio sulla vera storia e sulla ricetta degli spaghetti all’assassina, un grande classico della cucina barese sul quale girano tante inesattezze, falsi miti e storie inventate. La completezza e la precisione di questo articolo non lascerà nessun margine alle opinioni, in quanto supportato dall’intervista fatta da Felice Giovine all’inventore della ricetta e dalle testimonianze di chi, all’epoca, c’era.
La nascita degli “Spaghetti all’assassina” non risale alla notte dei tempi ma a poco più di una cinquantina di anni or sono, esattamente al 1967, in una piccola trattoria della città di Bari.
E’, quindi, senza ombra di dubbio, una ricetta totalmente barese, che in questi ultimi anni, grazie al rinnovato successo che sta riscuotendo, si sta diffondendo anche fuori città e può ormai essere annoverata tra i classici della cucina del capoluogo pugliese.
Ma, al pari di “Riso patate e cozze” e, soprattutto, della focaccia barese, di cui tra l’altro ripete persino alcune caratteristiche di morbidezza e croccantezza insieme, è oggetto di tantissime notizie sbagliate.
Andiamo per ordine, e, partendo proprio dalla sua storia, scomodiamo Felice Giovine, demologo, storico della città di Bari, Direttore del Centro Studi Baresi, dell’Archivio Storico delle Tradizioni Popolari Baresi e dell’Accademia della Lingua Barese “Alfredo Giovine”.
Suo padre Alfredo Giovine, fondatore dell’accademia a lui oggi intitolata, è stato pubblicista, storico, musicologo, demologo, dialettologo, poeta popolare e, soprattutto, scrittore di numerosi importanti libri su questi argomenti, viva testimonianza della storia e delle tradizioni di Bari.
La Storia degli Spaghetti all’assassina secondo lo storico Felice Giovine
Felice è colui che ha ripercorso la storia della ricetta attraverso i propri ricordi, le ricerche fatte su documenti storici di sua proprietà e, cosa ancor più importante, contattando colui che gli Spaghetti all’assassina li ha inventati. Infatti, l’ideatore di questa ricetta, che ormai fa parte a pieno titolo della più stretta tradizione gastronomica barese, è, ironia della sorte, un foggiano. Il suo nome è Enzo Francavilla, e ha oggi 87 anni.
Francavilla – come scrive Giovine già in un suo articolo del 2018 – nel lontano 1967 rilevò l’attività della Trattoria “Al Sorso Preferito” in via Bozzi 79-81 di proprietà di Anna Fusaro, figlia di tale Sabino Fusaro, di Andria, dipendente del Dazio. Nella cucina del locale c’era la signora Nunzia Verde, moglie di Sabino e mamma di Anna, e l’attività andava assai bene perché si proponevano ricette gustose e sostanziose come le brasciòle di trippa e la trippa al sugo. Nonostante tutto, però, Fusaro decise di cedere l’attività che venne rilevata, appunto, da Enzo Francavilla.
Fin qui la testimonianza diretta di Felice Giovine, che, con altri due amici, frequentava la trattoria e aveva persino concordato un prezzo fisso di 5500 lire per 3 primi e una bottiglia di vino rosso Casteldrione dell’azienda Alfonso del Sordo.
Giovine ha, inoltre, contattato e incontrato direttamente Enzo Francavilla e da lui ha ottenuto le informazioni che seguono.
Enzo Francavilla, l’inventore degli spaghetti all’assassina
“Ero un giovane cuoco – racconta Francavilla – e avevo fatto la gavetta al Sarti di Foggia, ma venni a lavorare a Bari insieme ad altri due amici di Cerignola, perché assunto alla “Sirenetta”, locale in via Melo, di proprietà della storica famiglia Vincenti, storici ristoratori baresi che nel 1966 aprirono anche “La Pignata” e, ancor prima, l’Hotel Leon d’oro”, oltre ad aver gestito per breve tempo l’Albergo delle Nazioni.
Alla “Sirenetta”, lavorai per una decina d’anni, ma poi, grazie ad un prestito di 300.000 lire ottenuto grazie alla gentile intercessione del politico locale Pinuccio Tatarella, amico dei miei due colleghi cerignolesi, decisi di mettermi in proprio e rilevai dai Fusaro “Il Sorso preferito”.
Contemporaneamente lavoravo anche alla “Sirenetta a mare”, sul lungomare che da San Giorgio porta a Torre a Mare, poco dopo il lido “Il Trullo”.
Il mio aiuto era necessario soprattutto in quelle serate in cui venivano ad esibirsi i grandi cantanti di quegli anni, come Mina, Fred Bongusto, Peppino di Capri, Patty Pravo, Bruno Martino, Gianni Morandi e popolari attori dell’epoca come Gino Bramieri e Renato Rascel.
Appena aprii il “Sorso”, solo un paio di giorni dopo, entrarono due signori napoletani e mi chiesero di preparare loro un primo piatto che fosse gustoso e sostanzioso.
Mi inventai così un piatto di spaghetti con una salsa di pomodoro e una generosa dose di peperoncino, preparati direttamente nella padella di ferro, facendo “stringere” bene il condimento e creando così una gustosa crosticina esterna. Li servii consigliando loro di bere soltanto a fine piatto e così fecero. Poi mi avvicinai per chiedere se avessero gradito e uno di loro mi disse soddisfatto: ”Buonissimi davvero”.
Poi, sicuramente riferendosi a quanto erano stati graditi ma soprattutto alla piccantezza, proseguì sorridendo:” Sei un assassino”. Così decisi che il nome perfetto era proprio “Spaghetti all’assassina” e, da quella sera, il piatto diventò una richiestissima specialità del ristorante “Al Sorso preferito”.
La Storia del ristorante “Al Sorso Preferito”
Nel 1972 Francavilla spostò la sede in via de Nicolò, dove tutt’oggi c’è lo storico ristorante, e decise di affiancare al nome del Sorso quello di “Osteria la Marianna”, per ricordare la moglie deceduta poco prima (foto biglietto da visita originale).
Ogni sera, i baresi si mettevano in fila per assaggiare le sue specialità, che erano soltanto due: le orecchiette mantecate e, appunto, gli spaghetti all’assassina.
Alcuni anni dopo il ristorante fu rilevato da “Nanuccio” Lonigro, Giuseppe Saracino e Mimì De Cosmo. Qualche anno dopo si aggiunse alla società anche il fratello di Nanuccio, Pierino Lonigro, proveniente da La Pignata.
Attualmente è lui il titolare de “Il Sorso preferito” e, in cucina c’è il nipote Vincenzo.
La testimonianza di Mimì De Cosmo, uno dei soci del Sorso Preferito
Per chiudere il cerchio ho voluto intervistare anche Mimì De Cosmo, oggi 80enne, attivo e simpaticissimo.
“Quando insieme ai miei soci acquistammo “Al Sorso Preferito”, Francavilla insegnò a Pierino Lonigro i segreti degli Spaghetti all’assassina. Pierino è un bravissimo cuoco e pasticciere, e a lui si deve l’invenzione degli “Sporcamùsse” (sporcamuso/sporcalabbra), il famoso dolce barese ormai diventato un classico, così chiamati perché perché mordendoli è facile sporcarsi di crema e di zucchero. Gli Sporcamuso e gli Spaghetti all’assassina li abbiamo fatti mangiare a grandi artisti del calibro di Peppino Di Capri e Domenico Modugno. Peccato che ora gli spaghetti non li prepari più nessuno!”
“Non li prepara più nessuno? – replico io – Stai scherzando Mimì? Oggi è il piatto di maggior successo nei ristoranti baresi, li fanno quasi tutti!”
Non credeva alle sue orecchie, pensava che il piatto fosse ormai dimenticato, non sapeva che lo scopo della mia intervista è proprio quello di ricostruire la storia di questo must della cucina barese.
La testimonianza di Nicholas Antonacci
Nicholas è un caro amico, e per tanti anni ha lavorato con le storiche famiglie della ristorazione barese.
“Il mio nome è Nicholas Antonacci, di professione maitre-sommelier e cuoco. Ho iniziato nel settore HORECA, sin dall’età di 10 anni, come garzone pomeridiano nei bar del centro di Bari, poi, dopo le scuole medie, la mia prima stagione è stata in un ristorante a Manchester, nel Regno Unito. Al ritorno mi iscrissi all’Alberghiero di Bari ma la sera lavoravo in importanti ristoranti della città come Al Sorso Preferito, Il Marcaurelio, La Pignata e La Vecchia Bari. Iniziai come commis di sala (a quei tempi la gerarchia era molto rigida), sino ad evolvermi grazie agli insegnamenti dei miei maestri di sala, cucina e vita. Nel 1981 fui assunto al Sorso come commis, ma dopo un mese uno dei titolari mi passò a demi chef, cosa impensabile poiché io avevo solo 16 anni, mentre gli altri due avevano uno 38 e l’altro 60 anni.
Demi chef nella gerarchia di sala è colui che di solito fa il commis ma all’occorrenza può sostituire lo chef de rang. Al Sorso preferito in origine era una cantina di vini e cucina fredda, salumi, latticini e formaggi, ed era in via Bozzi, poi in via De Nicolò, di proprietà di tale Enzo Francavilla e signora. Enzo e la sua signora dopo tante richieste degli assidui clienti, cominciarono anche a fare qualche piatto caldo, tra cui gli spaghetti all’arrabbiata.
Col passare del tempo e con l’uso continuo di quelle ormai usurate padelle in ferro delle volte si creavano delle gustose crosticine bruciacchiate (reazione di Maillard), che, con la loro tendenza sia dolce che amara, insieme alla forte piccantezza voluta dalla signora, invitavano i clienti ad ordinare più vino possibile.
Ed ecco come l’arrabbiata si trasformò in “assassina”!!!
A fine anni “70 il Sorso fu rilevato da Giuseppe Saracino, Domenico (Mimì) De Cosmo e Gaetano Lonigro, i primi due maitre ed il compianto Lonigro detto ” Nanuccio”, chef. Fu allora che l’assassina, dopo insistenti e continue richieste della clientela storica di quella cantina, diventò a tutti gli effetti un primo piatto da ristorante, non tradizionale ma che nel tempo si è “tradizionalizzato”.
Dopo qualche tempo, e l’ottimo lavoro svolto sino ad allora, i tre decisero di ingrandire la società acquisendo lo storico ristorante “Marcaurelio” e inserendo in società il fratello di Nanuccio, Pierino Lonigro, chef, attuale patron del Sorso Preferito. Tanti chef si sono alternati in questi due locali negli anni e, chiaramente, girando tanti posti, si portavano via le preparazioni più interessanti, riproponendole magari senza saperne le origini o, ancor peggio, attribuendosi il merito dell’invenzione; io per primo ho proposto l’assassina sia in Italia che all’estero, raccontando l’origine che di per sé mi sembra interessante più di ogni altra fandonia. Vi racconto la reazione dei clienti russi negli hotel della Riviera Romagnola o dei clienti arabi e giapponesi negli hotels di Sharm El Sheik o de Il Cairo più di 20 anni fa.
Le reazioni dei clienti non Italiani sia in Italia che all’estero al primo assaggio degli spaghetti all’assassina sono spesso riconducibili alla loro cultura, quindi alle loro abitudini alimentari; ad esempio il Tedesco ti chiede subito della panna o dello yogurt per alleviare la piccantezza, il Russo taglierà di sicuro gli spaghetti con forchetta e coltello e dopo il primo assaggio scatterà subito la richiesta di un doppio Bourbon, ma attenzione che sia Bourbon e non uno Scotch!
Il Cinese o Giapponese è da guardare con sommo godimento, con le sue personalissime bacchette, (ma anche con la forchetta), sa che vede un formato di pasta a lui molto familiare, ma dall’aspetto insolito, li alzerà dal piatto uno alla volta ispezionandoli con cura e circospezione (forse nella speranza di trovarci qualcosa di vivo che si muova ancora, e, una volta finita la sua TAC del primo spaghetto, lo ingerisce forse ingoiandolo addirittura senza masticare, per elargire subito un piccante sorriso di compiacimento. Per quanto riguarda gli Arabi in generale, mi è capitato di proporre loro questo piatto specialmente in Francia, chiaramente la proposta di assaggio era sempre preceduta da una mia spiegazione, a volte aiutato da un traduttore di madre lingua.
Non ho mai capito perché, dall’assaggio in poi ma anche durante la presentazione del piatto, la maggior parte di loro ride… Mah!!!
Gli aspetti tecnici degli spaghetti all’assassina
Entriamo adesso negli aspetti tecnici degli Spaghetti all’assassina.
Io stesso, per un certo periodo, ho pensato che il piatto fosse un recupero serale della pasta avanzata. Ma dopo l’accurata e inequivocabile ricostruzione della loro storia fatta attraverso la testimonianza del suo stesso inventore, si può quindi affermare con assoluta certezza che non è così.
Anche perché il recupero della pasta avanzata a Bari si faceva con i rigatoni o le orecchiette al ragù avanzate dal pranzo della domenica. Mai con gli spaghetti.
Non si tratta, quindi, di un piatto di recupero. È, piuttosto, il frutto dell’ingegno di un cuoco, colto quasi alla sprovvista dalla particolare richiesta di un cliente.
Enzo Francavilla, infatti, dovette inventarsi seduta stante un piatto nuovo e non fece altro che mettere insieme alcuni concetti e la necessità di “arrangiarsi”, con quei pochi ingredienti che aveva a disposizione e con le scarse attrezzature esistenti nel ristorante.
Mi spiego meglio. Pur non essendo un piatto che nasce dagli avanzi, non c’è dubbio che Francavilla si sia ispirato a quella pasta avanzata che la domenica sera si “sfriggeva” nelle case baresi. O, ancor più semplicemente, alla gustosa crosticina superficiale della pasta al forno.
Il risultato è simile dal punto di vista della sensazione al palato a causa proprio della bruciacchiatura. Ovviamente diverso sia per il formato di pasta sia per il condimento, più simile ad un’arrabbiata a causa della spiccata piccantezza,
A quell’epoca, sia in casa che nei ristoranti, si usava abitualmente la padella di ferro, ormai non più a norma. Nera perché dopo ogni utilizzo veniva solo strofinata con la carta di giornale per rimuovere i residui solidi e mai lavata, lasciando così una patina protettiva superficiale oliosa che ne impediva l’arrugginimento. A Bari il nome di quella padella è la “sartàscene” e ancor oggi è possibile acquistarla in qualche mercatino.
Quindi la ricetta originale prevede l’utilizzo di quella padella non più regolamentare, oltre alla fiamma del gas molto alta. In molti ristoranti, per ovviare all’impossibilità di utilizzo della “sartàscene” si preferisce oggi usare la “lionese”, molto più pesante e spessa, ma sempre in ferro e a norma. Il materiale è, quindi, lo stesso, ma lo spessore trasferisce il calore in modo differente, quindi è necessario abituarsi.
Si può utilizzare, però, anche altro e, per quanto mi riguarda, con maggiore soddisfazione e controllo del risultato.
Personalmente utilizzo ormai da anni una larga padella in alluminio con l’interno antiaderente, che mi consente di controllare facilmente la cottura e il restringimento dei liquidi, utilizzabile persino sulla piastra a induzione oltre che, ovviamente, sul fornello.
Anche la bruciacchiatura finale, è facilmente controllabile e risulta, così, perfetta.
Non darò qui la ricetta precisa, poiché come tutte le preparazioni fatte con pochissimi ingredienti richiede più sensibilità ed esperienza che precisione. Anche perché non tutti gli spaghetti e tutte le salse sono uguali, quindi è necessario imparare a “leggere” ciò che avviene all’interno della padella.
Nella ricetta originale, gli spaghetti devono essere sbollentati in modo da ammorbidirli. Qualcuno utilizza la tecnica della risottatura, ma la ricetta originale non lo prevede.
La pasta così sbollentata, va cotta nel sugo di pomodoro che deve “stringersi” bene e caramellarsi fino a creare una deliziosa crosticina bruciacchiata.
In pratica il risultato finale è una giusta cremosità unita alla croccantezza della superficie bruciacchiata. Ma attenzione, bisogna stare attenti a non andare oltre, perché gli spaghetti ad un certo punto potrebbero asciugarsi troppo, risultando così secchi e asciutti.
Ecco perché non si può dare una ricetta con tempi e dosi precise. Bisogna, invece, imparare a capire quando è il momento giusto per spegnere il calore e servirla.
E quando è il momento giusto?
Provo a darvi la mia ricetta, che però non prevede la sbollentatura. Dosi e tempi suscettibili di variazioni a seconda degli ingredienti utilizzati, della fonte di calore e della padella.
La ricetta degli Spaghetti all’Assassina di Sandro Romano:
Per preparare gli spaghetti all’assassina per 5/6 persone procuratevi questi semplici ingredienti:
- 500 gr. di spaghetti
- Una bottiglia di salsa da 500 gr.
- 2 spicchi di aglio
- Peperoncino a piacere (in polvere, macinato oppure “olio santo”)
- Sale q.b.
- Olio extravergine q.b.
- Acqua
In una larga padella mettere l’aglio tritato (oppure intero per poterlo eliminare) e l’olio extravergine.
Stendere bene gli spaghetti nella padella e ricoprirli con la salsa e un po’ d’acqua.
Iniziare la cottura e attendere che gli spaghetti si ammorbidiscano, Quando sarà possibile muoverli fare in modo che siano sempre ricoperti di salsa. Regolare di sale e peperoncino e portarli a giusta cottura facendo restringere la salsa. Quando saranno al dente e avvolti nel sugo attendere che si completino con una bruciacchiatura dalla parte di sotto. Rigirarli sottosopra e ottenere lo stesso risultato sull’altro lato.
Servire subito e consumarli caldi.
Non resta che augurarvi un “assassinio perfetto”!
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